Riattivata la Comunità dei forni collettivi dell’Umbria

Rinnovata e più determinata di prima, riparte la Comunità Slow Food dei Forni Collettivi di Collazzone e dell’Umbria, da molti anni impegnata nella missione di scoprire e possibilmente riattivare tanti forni e tanti luoghi un tempo pieni di vita e di fervore gastronomico, oggi spesso confinati a residuati di una civiltà contadina a rischio di oblio. Ma basta che una favilla rinfocoli la memoria, che rinasce il senso di appartenenza e di comunità. La favilla nello specifico si chiama Rita Boini giornalista e attivista Slow Food che attraversa l’Umbria per riportare in vita tante storie che meritano di essere ritrovate. 

E così ieri si è riacceso il forno di comunità di Mugnanesi, località del Comune di Castiglion del lago, posta sulle panoramiche colline che vedono tre laghi tra Umbria e Toscana: Montepulciano, Chiusi e il Trasimeno.

Oggi poco più di una trentina di residenti che d’estate si moltiplicano grazie alla fama turistica acquisita nel tempo da questo territorio per la prossimità di grandi attrazioni naturalistiche e culturali, laghi, città d’arte e cammini lungo le antiche vie Romee. Tanti agriturismi e tanti visitatori stranieri.

In passato era tutto diverso, questo era un popoloso e prospero villaggio di pescatori, famiglie numerose che vivevano dell’economia dei laghi e dei campi fertili, autosufficienti per necessaria sovranità produttiva e alimentare. Storie che nel pomeriggio di ieri sono riemerse facilmente, con la voglia di parlare e ritrovarsi: come per la signora Giovanna, che curava il forno e il suo funzionamento e che, stimolata dalle domande di Rita Boini, ha liberato i ricordi di un’esistenza di lavoro, di impegno e di ruolo nella collettività, rivelando con palpabile emozione e riserbo, le consuetudini antiche di una vita. E con esse “il ricordo di miti passati”, direbbe Francesco Guccini.

Quel filo tra passato e presente si riannoda oggi grazie a Francesca Tiriboco che ha chiamato a raccolta la gente di Mugnanesi, le aziende agricole che fanno grani storici, olio, vino e l’Aglione, prodotto DOP della Valdichiana umbro-toscana, come l’azienda Melograni che conserva un altro dei tre forni collettivi tra Mugnanesi e la frazione di Porto.

Da poco tempo in paese Fabrizio Menchicchi ha aperto un’Osteria di pesce di lago, un’operazione coraggiosa sulle tracce della storia di una ristorazione mugnanese e di una trattoria che dagli Trenta del Novecento fino alla fine del secolo ha fatto conoscere la cucina orgogliosamente mugnanese, il Brustico e il Tegamaccio, a quel mondo che negli anni Sessanta cominciò a frequentare assiduamente la vicinissima Chianciano Terme, come Federico Fellini che si racconta apprezzasse i piatti mugnanesi.  

 Fabrizio ripropone le ricette tradizionali, a base di tinca, luccio, persico reale, persico sole, carpa e anguilla. E questo nonostante le difficoltà a reperire la materia prima, dopo il blocco dal 2015 della pesca sui due laghi più prossimi, Montepulciano e Chiusi, e le congenite criticità del Trasimeno dove, proprio a salvaguardia di una pratica storica e di un’economia collettiva, è nato nel 2024 il Presidio Slow Food della Pesca tradizionale che è anche un progetto di tutela dell’ecosistema del lago e della sua biodiversità.

Ricette tradizionali e Forni collettivi. Una storia che merita di essere tramandata e avere futuro. Ed è ai giovani che si rivolge il progetto Slow Food delle Comunità, un modello di nuclei di partecipazione, aperti e collegati tra loro da una rete internazionale e connessi ad altri progetti – Presìdi Slow Food, Arca del gusto, Orti e Mercati della Terra – in cui condividere l’interesse per il cibo locale, i suoi valori e tutto quanto compone, restituisce e alimenta appartenenza e identità.

Alessandra Cannistrà Slow Food Umbria

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Presentata a Trevi la guida agli Extravergini 2025

Slow Food presenta la Guida agli Extravergini 2025. Umbria in prima linea per la biodiversità Ha riscosso consensi la presentazione umbra della 25esima Guida agli Extravergini di Slow Food, tenutasi sabato 14 giugno al Museo della Civiltà dell’Olio di Trevi. Punto di riferimento per chi cerca oli extravergini d’oliva di qualità, prodotti nel rispetto dell’ambiente, della tradizione e della biodiversità, la Guida è il frutto di un attento lavoro di selezione da parte di esperti e assaggiatori, racconta storie di olivicoltura virtuosa, valorizzando piccoli produttori che coltivano con cura e passione.

Tra le regioni protagoniste proprio l’Umbria, con la sua lunga tradizione olivicola e un patrimonio di cultivar autoctone che rappresentano un vero baluardo contro le minacce fitosanitarie, in primis la Xylella fastidiosa. In un momento storico in cui il batterio sta mettendo in crisi interi territori del Sud Italia, la diversità olivicola si conferma uno strumento strategico di resilienza.

Varietà umbre come Moraiolo, Frantoio, Leccino e San Felice, coltivate spesso in oliveti misti e in contesti collinari e biologici, contribuiscono non solo alla qualità sensoriale degli oli, ma anche alla salute degli ecosistemi. La Guida non si limita a un elenco di etichette, ma racconta i territori, le pratiche agricole sostenibili e la centralità della biodiversità come chiave di adattamento climatico e di difesa attiva contro le fitopatie.

“Slow Food – ha sottolineato la presidente di Slow Food Umbria, Alessandra Cannistrà – ribadisce la necessità di tutelare la ricchezza varietale dell’olivo italiano: un patrimonio che va oltre la qualità del prodotto, diventando presidio ambientale e culturale. Come documenta la Guida agli Extravergini, l’Umbria, con la sua olivicoltura identitaria e resiliente, sa esprimere modelli virtuosi da seguire”.

Sulla stessa linea gli interventi dell’agronomo Alvaro Paggi, fiduciario della Condotta Slow Food di Trevi, e di Saverio Pandolfi, esperto e collaboratore della Guida per Slow Food Umbria, che oltre ad illustrare la Guida ha premiato le aziende che più si sono contraddistinte per la qualità del proprio olio. Più articolata la relazione di Roberto Mariotti, tecnico del CNR e collaboratore della Guida, che ha ribadito l’importanza della diversità olivicola come strumento essenziale per la lotta alla Xylella fastidiosa, presentando anche i risultati preliminari del progetto di screening genetico “Omibreed” coordinato da CNR con la collaborazione di Slow Food Italia e finanziato dal MASAF.

È intervenuto poi Paolo Morbidoni presidente dell’Associazione Strada dell’Olio Dop Umbria per esprimere partecipazione e l’importanza di essere partner nell’ambito della grande comunità che unisce olivicoltori, fruitori e consumatori.

Per BioDea, azienda impegnata nei prodotti biologici e sostenibili per l’agricoltura, nonché sponsor della Guida, è intervenuta Annalisa Berrettini che si è soffermata sull’impegno e la sperimentazione al servizio sull’olivicoltura e dell’ambiente.

La mattinata si è felicemente conclusa con una degustazione guidata all’oro verde locale nel bellissimo chiostro del complesso di San Francesco.

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Slow Food a Vallo di Nera per Fior di Cacio 2025

Slow Food Umbria non ha fatto mancare la sua presenza all’edizione 2025 di “Fior di Cacio”, la rinomata rassegna dedicata ai formaggi artigianali e alle eccellenze agroalimentari umbre che nel weekend appena trascorso ha popolato il suggestivo borgo di Vallo di Nera, incastonato nel cuore della Valnerina, contribuendo a valorizzare la biodiversità alimentare e la cultura del cibo di tradizione.

Tra laboratori del gusto, degustazioni guidate e incontri tematici, è stato messo in luce il lavoro di pastori, casari e agricoltori custodi di saperi antichi, compresa la mungitura o la preparazione della ricotta.

Con la guida del produttore Diego Calcabrina e dei maestri ONAF, particolare attenzione è stata rivolta ai formaggi a latte crudo, al pecorino specialmente, simbolo di una tradizione che resiste alla standardizzazione e che rappresenta un patrimonio culturale da tutelare, come recepito e rilanciato  anche dal recentissimo Presidio Slow Food della Lumachella Orvietana.

L’iniziativa, inserita nel più ampio impegno di Slow Food Umbria per sostenere le comunità locali e favorire un turismo consapevole, che rispetti i tempi della natura e la dignità del lavoro agricolo, ha messo al centro non solo prodotti di qualità, ma anche storie di filiera corta, progetti di rigenerazione delle aree interne e percorsi di educazione al gusto.

“La presenza dell’associazione della Chiocciola – ha detto la sindaca, Agnese Benedetti – ci ha aiutato a ribadire l’importanza di un’agricoltura sostenibile, capace di creare valore economico e identità territoriale. Fior di Cacio si è confermata non solo una festa dei sapori, che ha richiamato estimatori e golosi, ma anche un momento di riflessione collettiva sulla direzione che vogliamo dare al nostro modo di produrre e consumare, riscoprendo il piacere della convivialità”.

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